Puoi cambiare veramente te stesso senza cambiare il mondo? Dal personale al sociale

Cambiamento personale in funzione del cambiamento sociale e viceversa!

Negli ultimi anni, il tema del cambiamento personale ha guadagnato sempre più attenzione. Basta aprire i social o fare un giro in libreria: siamo circondati da suggerimenti su come diventare la migliore versione di noi stessi, su come migliorare le nostre abitudini, gestire il tempo, meditare, allenare la mente e il corpo. E non c’è nulla di sbagliato in tutto questo. Ma c’è un aspetto che spesso viene trascurato, e cioè: possiamo davvero cambiare noi stessi senza cambiare l’ambiente in cui viviamo?

È una domanda che, a ben vedere, apre una riflessione profonda. Certo, lavorare su sé stessi è importante, ma se siamo immersi in un ambiente sociale, politico ed ecologico dannoso, quanto può durare il nostro miglioramento personale? È davvero possibile diventare persone migliori in un contesto che continua a peggiorare?

Il boom del miglioramento personale: un'illusione parziale?

Viviamo in una società che ci spinge a essere sempre più performanti. A livello individuale, siamo incentivati a migliorare continuamente: aumentare la produttività, diventare più consapevoli, allenarci per raggiungere il successo personale. In un certo senso, la narrazione del miglioramento personale ha preso il sopravvento nella nostra cultura. Ma questa pressione può creare l'illusione che il cambiamento personale sia autosufficiente, che basti da solo per risolvere i problemi della nostra vita.

(Immaginiamoci in una città moderna: potremmo meditare, seguire una dieta sana e leggere tutti i libri giusti, ma se una volta usciti di casa ci troviamo in un contesto di inquinamento, traffico, disuguaglianza e precarietà sociale, quanto tempo ci vorrà prima che quel caos esterno cominci a influenzare il nostro stato interiore?)

Qui nasce il punto critico: il cambiamento personale non può avvenire nel vuoto.

La connessione tra cambiamento individuale e ambiente sociale

Uno dei più grandi pensatori della modernità, il sociologo Zygmunt Bauman, parlava della modernità liquida, un concetto che descrive come le nostre società siano diventate sempre più fluide, incerte e individualizzate. In questo contesto, il miglioramento personale sembra un’ancora di salvezza. Ma Bauman sottolineava anche che non possiamo ignorare il contesto sociale ed economico in cui viviamo. Le disuguaglianze, le ingiustizie sociali e le crisi ambientali che ci circondano influiscono in modo decisivo sulla nostra possibilità di crescita individuale.

In altre parole, non basta migliorare noi stessi: dobbiamo anche preoccuparci di migliorare il mondo in cui viviamo.

Per esempio, un individuo potrebbe lavorare incessantemente per migliorare la sua capacità di gestione dello stress, ma se vive in un ambiente sociale dove il lavoro è precario, gli stipendi sono bassi e l’inquinamento dilaga, sarà inevitabilmente limitato nei suoi progressi. Il risultato? Frustrazione e competizione estrema, dove il miglioramento personale diventa un modo per sopravvivere in un sistema che non cambia.

Cambiamento personale o competizione?

Un altro aspetto critico di questa riflessione riguarda la competizione. Il discorso sul miglioramento personale è spesso intriso di un linguaggio che promuove la competizione: essere il migliore, emergere sugli altri, raggiungere il successo in una società che valorizza la performance. Questo approccio, però, rischia di ridurre il cambiamento personale a una corsa contro gli altri, alimentando la pressione sociale e lo stress.

La competizione estrema può essere corrosiva, perché ci fa perdere di vista un altro aspetto cruciale: il cambiamento collettivo. Se siamo impegnati solo a migliorare noi stessi per “vincere” in un sistema ingiusto, stiamo semplicemente adattandoci a quel sistema, senza metterlo in discussione. Invece, il cambiamento personale dovrebbe servire a migliorare anche il nostro impatto sugli altri, contribuendo a una trasformazione positiva del contesto in cui viviamo.

La necessità di un cambiamento collettivo

Questo ci porta a una domanda fondamentale: può esserci un vero cambiamento personale senza un cambiamento collettivo? La risposta è che, per quanto importante, il cambiamento personale rischia di rimanere incompleto se non si accompagna a un miglioramento dell’ambiente sociale, politico ed ecologico.

Pensiamo all'ambiente: possiamo meditare e ridurre il nostro stress, ma se viviamo in una città soffocata dall'inquinamento o devastata da eventi climatici estremi, i nostri sforzi saranno sempre limitati. Oppure, consideriamo il contesto sociale: possiamo coltivare la resilienza personale, ma se viviamo in una società dominata dalla disuguaglianza e dalla precarietà, quella resilienza potrebbe servire solo a resistere a un sistema che continua a sfruttarci.

Il vero cambiamento, quindi, non può limitarsi all’individuo. Deve includere il cambiamento dell’ambiente in cui l’individuo vive: le strutture sociali ed economiche, le politiche che regolano la vita collettiva e la salute del pianeta. Se vogliamo davvero crescere come persone, dobbiamo assumerci la responsabilità di agire per trasformare anche il mondo intorno a noi.

Un nuovo paradigma: migliorare sé stessi e il mondo

In conclusione, la riflessione è semplice, ma profonda: non possiamo migliorare davvero noi stessi se non miglioriamo anche l’ambiente sociale ed ecologico in cui viviamo. La sfida è trovare un equilibrio tra il cambiamento personale e collettivo, riconoscendo che uno non può esistere senza l'altro.

Il cambiamento personale non deve essere un modo per sopravvivere in un mondo in crisi, ma piuttosto uno strumento per contribuire a cambiare quel mondo. Questo significa non solo lavorare su di noi, ma anche impegnarci per migliorare la società e l'ambiente che ci circondano. Solo così possiamo realizzare un cambiamento vero, profondo e duraturo.

La prossima volta che penserai al cambiamento personale, chiediti: cosa posso fare per migliorare anche il mondo intorno a me?

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